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Zanonato riduce lo spazio di mare italiano aperto alle trivelle

Zanonato riduce lo spazio di mare italiano aperto alle trivelle

Sarà più facile o difficile estrarre petrolio e gas in Italia? La risposta esatta parrebbe essere la seconda, considerando il decreto di riordino appena firmato dal ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato. Decreto che interviene sulle aree marine aperte alla ricerca e allo sfruttamento degli idrocarburi, quasi dimezzandole. D’ora in avanti, le compagnie del settore potranno trivellare su complessivi 139.000 km quadrati, anziché 255.000, perché il provvedimento approvato dal ministro sposta “le nuove attività in zone lontane dalle coste e comunque già interessate da ricerche di Paesi confinanti”, come recita il comunicato diffuso dal dicastero di Zanonato. Sarà quindi vietato esplorare i fondali a caccia di oro nero e gas entro le 12 miglia da tutte le coste e aree protette, proprio come aveva voluto l’ex ministro dell’Ambiente nel precedente Governo Berlusconi, Stefania Prestigiacomo, grazie al nuovo Codice ambientale (in precedenza c’era il limite delle tre miglia).

Dunque il mare nostrano sarà più “blindato”? Secondo Zanonato, il decreto di riordino promuove «lo sviluppo delle risorse nazionali strategiche, concentrando le attività di ricerca degli idrocarburi in poche aree marine a maggiore potenziale e minore sensibilità ambientale». Insomma più sicurezza e tutela degli ecosistemi puntando sui bacini offshore più promettenti, senza dunque contraddire, in sé, l’obiettivo inserito nella Strategia energetica nazionale: raddoppiare entro il 2020 la produzione di petrolio e metano, riducendo così le importazioni di combustibili. Di parere opposto FederPetroli, che in un recente comunicato ha esposto tutte le sue perplessità di fronte al provvedimento siglato dal ministro. Secondo la lobby petrolifera italiana bisogna considerare “gli investimenti stranieri che rischiano di essere vanificati” come Ombrina Mare in Abruzzo, progetto della società inglese Medoilgas, che comprende una piattaforma installata a cinque km dalla costa, sei pozzi estrattivi e una grande nave raffineria ormeggiata a una decina di km dal litorale. Oltre a varie concessioni sia offshore sia sulla terraferma in Puglia, Sardegna e altre regioni dello Stivale. Ricordando, infine, che vari Paesi (Grecia, Montenegro, Islanda, Seychelles sono quelli citati nella nota) “pubblicano gare aperte a tutte le aziende per nuove esplorazioni petrolifere”. Come ha commentato il presidente di FederPetroli, Michele Marsiglia: «Nessun Paese al mondo pensa di rinunciare a scoprire e produrre le proprie risorse d’idrocarburi. Sta avvenendo solo in Italia, con il pretesto dell’ambiente, pur sapendo che questo settore è affidabile in termini di sicurezza e capacità tecnologica».

Fonte: energia24club.it

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