Le ultime da Durban: Preoccupante la posizione degli Usa
A Durban (Sud Africa) si apre la seconda e decisiva settimana per i negoziati sul clima e nonostante gli scienziati in varie conferenze si siano spesi per far comprendere la gravità della situazione e le conseguenze del riscaldamento del pianeta (tra l’altro a questo punto non siamo più nel campo delle previsioni ma dell’osservazione diretta), non sono attese sorprese positive tali da far passare il vertice Cop 17 alla storia. Quello sudafricano è purtroppo un altro incontro di passaggio, dove tiene banco l’ordinaria amministrazione anche se continuiamo a sperare di essere seccamente smentiti. In attesa che le trattative entrino nel vivo (da domani dopo il terreno preparato dai “facilitatori” saranno i ministri dell’ambiente a scendere direttamente in campo), in uno scenario abbastanza povero di eventi, sono da evidenziare una conferma e una mezza notizia.
La conferma riguarda la posizione dell’Europa sul post protocollo di Kyoto. L’Unione europea si è dichiarata disponibile ad estendere i suoi impegni al termine della scadenza, alla fine del 2012, a patto che i grandi inquinatori (Cina e Stati Uniti in testa) si assumano le loro responsabilità e siano parte trainante di uno protocollo vincolante che dovrebbe entrare in vigore entro il 2020, al termine del ciclo di impegni volontari.
La mezza notizia riguarda il piccolo passo in avanti (zeppo di vincoli) fatto dalla Cina. Il leader della delegazione cinese, Xie Zhenhua, ha dichiarato che il Paese adempierà seriamente alle responsabilità e ai doveri internazionali al fine di contribuire al massimo per la protezione del clima globale, e ha aggiunto che la Cina dopo il 2020 potrebbe anche negoziare un documento giuridicamente vincolante, a patto che ci siano nuovi impegni al taglio delle emissioni di carbonio da parte dei paesi ricchi (la Cina ribadisce di essere un paese in via di sviluppo) insieme alla messa sul tavolo di centinaia di miliardi di dollari di finanziamenti per il clima a disposizione dei paesi più poveri. Il riferimento è alle cosiddette “fast start” di $ 30 miliardi per il periodo 2010-2012 e al Fondo verde per il clima $ 100 miliardi l’anno entro il 2020. Tale cifra dovrebbe includere iniziative per il trasferimento tecnologico, aiuti alle nazioni più vulnerabili per azioni di adattamento e nuove regole per il controllo che i tagli di carbonio promessi vengano attuati. Infine la Cina, non dimentica di richiamare le responsabilità storiche di chi ha creato il problema dei cambiamenti climatici. Secondo Alden Meyer dell’Union of Concerned Scientists, una Ong di Washington, è presto per parlare di cambiamenti di posizione del Paese del Dragone, ma è chiaramente un segnale che la Cina intende essere flessibile e costruttiva nell’ultima fase dei negoziati a Durban. Vedremo se questa lieve apertura servirà a smuovere dalle sue posizioni e fare da traino all’altro gigante (gli Usa) e indurre a ripensamenti India e Brasile. Per ora pare di no. Per gli Stati Uniti un importante delegato ha dichiarato di non conoscere i dettagli della proposta cinese ma a suo avviso non ci sono elementi di novità, mentre JM Muskar, il capo della delegazione indiana, ha ribadito: «Il nostro obiettivo in questi negoziati non dovrebbe essere quello di avviare un processo per un nuovo trattato sul clima, ma migliorare l’attuazione dei principi e delle disposizioni del trattato sul clima esistente e valido».
Sempre in tema di cambiamenti climatici, nel nuovo pacchetto del programma europeo su ricerca e innovazione, Horizon 2020, appena proposto dalla Commissione Ue, una parte dei fondi saranno destinati alla ricerca legata al clima. «Horizon 2020 è una buona notizia sia per il clima che per la nostra crescita economica ha dichiarato il commissario Ue per il Clima, Connie Hedegaard- Un terzo dell’intero budget di Horizon 2020 andrà alla ricerca legata al clima, si tratta di più di 25 miliardi di euro. Mentre almeno il 60% del budget totale sarà relativo ai temi dello sviluppo sostenibile. Con questa proposta la Commissione europea sostiene la determinazione dell’Europa di rimanere in prima linea nella lotta contro i cambiamenti climatici. Questo stimolerà la crescita e la creazione di lavoro qui in Europa» ha concluso il commissario.
Ma è la posizione degli Usa a tenere banco. Tanto che alcune delle più grandi associazioni umanitarie e ambientaliste hanno lanciato oggi un forte appello per Durban in quanto molto preoccupate per le posizioni assunte dagli Stati uniti. Le associazioni sono: Oxfam, WWF, Greenpeace e la Confederazione Sindacale Internazionale hanno espresso
Kumi Naidoo, Direttore Esecutivo di Greenpeace International ha dichiarato:«Domenica, a Durban, gli USA hanno fatto eliminare dalla bozza di accordo un testo sugli interventi di mitigazione che avrebbe offerto una concreta protezione a coloro che stanno per essere colpiti nel modo più duro e più rapido dai cambiamenti climatici, che sono già una realtà. E’ venuto il tempo per gli USA di mettersi da parte. Se non hanno la volontà di salvare vite, posti di lavoro e l’intero ecosistema planetario allora dovrebbero levarsi di mezzo e lasciare la possibilità a quelli che vogliono di andare avanti. Ogni fallimento nell’ andare oltre l’ostruzionismo USA sarà misurato in perdite di vite umane».
Celine Charveriat, Direttore Campagne di Oxfam: «La proposta degli Stati uniti di congelare qualunque piano di riduzione delle emissioni fino al 2020 è allarmante. Una simile strategia e le sue possibili derive vanno fermate immediatamente. Le persone più povere del mondo, già vittime degli impatti dei cambiamenti climatici, semplicemente non possono aspettare un altro decennio per assistere a una riduzione delle emissioni in linea con le richieste degli scienziati. Se gli Stati uniti insistono in questa direzione, si facciano da parte e consentano agli altri Paesi di andare avanti senza di loro»
Jim Leape, Direttore Generale WWF Internazionale ha dichiarato «La conferenza sul clima non è certo finita. Ma il fine che questo processo non sta perseguendo è l’ambizione di ridurre le emissioni. E non è colpa del processo. È colpa dei governi come gli Stati Uniti. In realtà, non c’è un singolo scenario ora sul tavolo che ci permetta di evitare il cambiamento climatico galoppante. Senza ambizione sulla riduzione delle emissioni e un apparente traguardo al 2020 per l’attuazione, potremmo finire in un mondo con una aumento di temperatura di 4 gradi. E questo è proprio».
Sharan Burrow, Segretario Generale della Confederazione Sindacale Internazionale: «Non agire significa perdere l’opportunità di costruire un’economia verde in grado di assicurare nuovi posti di lavoro. Il rischio economico e sociale dei cambiamenti climatici, moltiplicato dall’instabilità della globalizzazione capitalistica e dalla conseguente crisi finanziaria, è una bomba a orologeria per tutti i lavoratori. Il mondo del lavoro farà la pressione necessaria per chiedere conto a tutti i decisori politici del loro operato. Gli Stati uniti devono smettere di bloccare i negoziati. Se non intendono restare nella comunità globale, si facciano da parte. Essi sono parte della comunità globale, o dovrebbero farsi da parte».
inaccettabile. Così, mentre i politici continuano a litigare sui dettagli dei negoziati, siamo alla ricerca di leader, in arrivo questa settimana, disposti a impegnarsi sulle questioni reali. I membri della società civile sono qui per affrontare la minaccia urgente del cambiamento climatico e assicurare un mondo futuro in cui ci sia abbastanza cibo, acqua ed energia per tutti. Sarebbe bene chiedere ai governi che spieghino perché sono qui “.