Il futuro del fotovoltaico e la crisi delle utility
Per la prima volta, nel 2013 la nuova potenza solare installata nel mondo supererà quella dell’eolico. Malgrado le difficoltà e gli interventi governativi retroattivi, quest’anno il fotovoltaico dovrebbe infatti incrementarsi di un 20% rispetto al 2012 portandosi a 37 GW, mentre l’utilizzo del vento ha visto qualche rallentamento negli Usa e in Cina. Dieci anni fa il rapporto tra le nuove installazioni eoliche e solari era di 12 a 1 a favore del vento e tutto fa pensare che il solare continuerà a crescere più rapidamente per la possibilità di diffondersi in diversi paesi anche senza l’impiego di incentivi.
Gli scenari futuri, pur molto diversificati, indicano in effetti generalmente target molto ambiziosi. L’Agenzia Internazionale dell’Energia, generalmente cauta, ha costantemente alzato l’asticella della possibile diffusione del fotovoltaico. Secondo le ultime valutazioni della IEA, nel prossimo quinquennio l’elettricità solare dovrebbe aumentare del 140% mentre quella eolica del 74% (anche se in termini assoluti l’elettricità del vento continuerà a dominare).
L’ultima sfida è quella di David King, già capo economista della Banca mondiale, che per combattere i cambiamenti climatici ha proposto uno sforzo straordinario di diffusione delle tecnologie solari in modo da coprire un quarto dei consumi mondiali di energia entro il 2030.
Un sogno forse, ma supportato dal fatto il diffondersi del solare sarà accompagnato da effetti positivi di lungo periodo. Il solare rappresenta infatti un’arma strategica nella lotta al riscaldamento del pianeta, garantisce maggiore autonomia per cittadini e imprese e una più elevata sicurezza negli approvvigionamenti energetici. Infine, il solare consentirà a larga parte degli 1,5 miliardi di persone senza accesso all’elettricità di poter fruire di questo servizio in tempi molto più rapidi del previsto.
Ma quali sono le cause di questo successo? Un fortissimo gradimento da parte delle opinioni pubbliche dei vari paesi che ha favorito l’adozione di generose politiche di supporto dei governi motivate dalla scarsa competitività, il rapido crollo dei prezzi dei moduli.
A questo è seguita una gestione del calo degli incentivi a volte difficile. L’Italia è il caso più clamoroso, ma anche Repubblica Ceca, Spagna, Belgio e per certi versi la Germania, sono stati coinvolti in queste dinamiche.
E’ mancato il governo della crescita ma, attenzione, è questa mancanza di controlloche ha consentito di creare volumi tali da indurre il calo dei prezzi ed imporre ora nuove regole del gioco. Certo, con un costo elevato per i paesi che hanno fatto da apripista, ma con alcune contropartite. L’acquisizione di un know how che adesso viene esportato in giro per il mondo, la trasformazione accelerata della rete in smart grid che consentirà di sviluppare software e hardware preziosi nella competizione internazionale. E infine un flusso di energia immessa in rete che in paesi come l’Italia e la Germania già ora consente di coprire il 6-7% della domanda elettrica.
Ma vediamo le criticità che si sono manifestate. Un primo aspetto, quello del peso degli incentivi nelle bollette, viene gestito in modo diverso dai vari governi, in particolare in un momento delicato di difficoltà economiche. Anche qui, occorre fantasia e intelligenza per intervenire senza affanni (il coordinamento FREE ha avanzato proposteinteressanti).
C’è poi un altro elemento che questi stessi paesi devono affrontare: l’effetto dirompente delle rinnovabili nel sistema energetico. I profitti delle utility europee sono calati del 10% tra il 2011 e 2012, e in alcuni casi molto di più. Il valore delle azioni di aziende come Enel, o delle tedesche Eon, Rwe si è più che dimezzato negli ultimi anni. E i risultati economici sarebbero stati ancora peggiori senza gli investimenti nelle rinnovabili, prevalentemente in centrali eoliche. Così l’utile netto di Enel Green Power, che rappresentava solo l’8% sul totale del gruppo nel 2009, nel primo semestre di quest’anno è passato al 17%.
Che una opzione come il fotovoltaico, fino a pochi anni fa considerata di nicchia perché troppo costosa, arrivasse a mettere in forte difficoltà il mondo dei produttori elettrici erauno scenario difficilmente prevedibile anche da parte dei più accesi sostenitori delle energie verdi.
Ma il mondo delle utility dall’Europa agli Usa, dal Giappone all’Australia è preoccupato soprattutto per le evoluzioni future. Il timore è che questa disruptive technologyconsenta ad un numero sempre maggiore di utenti di autoprodursi l’energia, fenomeno destinato ad accrescersi con il calo del prezzo dei sistemi di accumulo, a fronte di un aumento delle bollette alimentando così un circuito mortale. In realtà, non si tratta di una dinamica automatica perché governi e regolatori possono intervenire facendo pagare oneri di rete e altri balzelli in grado di rallentare l’espansione solare (l’Autorità italiana dell’energia docet), ma la generazione distribuita rappresenta un trend destinato inesorabilmente ad imporsi (si veda a proposito il report Citigroup di cui abbiamo parlato venerdì).
Un dato chiarisce la sottovalutazione del fenomeno del solare. In Germania solo il 3% della potenza fotovoltaica è controllato dalle utilities cui è completamente sfuggito un mercato che vede ormai in regioni importanti come la Baviera una famiglia su dieci già solarizzata.
La tempesta perfetta che ha colpito l’Europa, con utilities costrette a chiudere diverse centrali complice anche il calo della domanda elettrica per la crisi, obbliga ora ad un rapido ripensamento delle regole del mercato e delle strategie delle aziende. “Il settore elettrico del vecchio continente sta attraversando uno dei più profondi cambiamenti della sua storia” si legge in un recente rapporto di Eurelectric nel quale si abbina l’analisi delle difficoltà del settore con alcune proposte per cambiare modello di business e sopravvivere.
L’Associazione dei produttori elettrici europei afferma inoltre che le utility dovranno attrezzarsi per compensare il calo delle entrate legate alla produzione con la creazione di maggior valore aggiunto nella distribuzione. Occorre, si dice, un approccio dinamico nei confronti dei consumatori offrendo nuovi servizi sul versante dell’efficienza, degli accumuli, del Demand Response, della mobilità elettrica, del fotovoltaico distribuito….
E diversi segnali fanno ritenere che questo riposizionamento sia già in atto. Se questa dinamica si confermerà, si apriranno delle contraddizioni all’interno delle utility che potrebbero portare ad un cambiamento di strategia e di conseguenza anche dell’atteggiamento critico nei confronti delle rinnovabili. Al momento lo scontro è elevatissimo. Si va dalle dure dichiarazioni di Chicco Testa come presidente di Assoelettrica alla presa di posizione dei maggiori gruppi energetici che hanno recentemente attaccato la politica dell’Europa sulle rinnovabili. Ma la situazione potrebbe cambiare…
Fonte: rivista ‘Fotovoltaici’