Cop 17 Durban
Clima: stati uniti dell’Himalaya
India, Bangladesh, Nepal e Bhutan hanno deciso di unirsi e cooperare per affrontare i cambiamenti climatici, in assenza e in attesa di un nuovo accordo globale sul clima, le cui fondamenta dovrebbero essere poste alla Cop 17 a Durban. I rappresentanti degli stati accomunati dall’interesse nel proteggere l’Himalaya dal riscaldamento globale si sono incontrati a Thimphu (Bhutan) durante il “Climate Summit for a Living Himalayas”, dove hanno discusso di irrigazione, sostentamento alimentare e apporto di acqua potabile. La ciclica fusione dei ghiacciai himalayani garantisce la sussistenza dei quattro paesi asiatici; a causa del cambiamento climatico, questa risorsa potrebbe venir meno entro il 2050. Fonte:...
read moreA Durban i governi affrontano la sfida del futuro
Il rapporto pubblicato dalle Nazioni Unite (“Bridging the Emissions Gap”, Colmare il divario delle emissioni) mostra come gli sforzi globali per ridurre le emissioni di gas serra non stiano seguendo il percorso necessario per evitare il cambiamento climatico disastroso e sottolinea la necessità urgente che i leader del pianeta facciano concreti passi avanti ai negoziati di Durban, in Sud Africa, che si terranno da oggi al 9 dicembre. Il rapporto, realizzato dall’UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente), la principale autorità mondiale sulle tematiche ambientali, trae conclusioni amare sullo stato degli sforzi globali per la riduzione delle emissioni e allo stesso tempo indica come tali sforzi possano essere resi efficaci. “Questo rapporto dovrebbe essere considerato una ‘prova del nove’ per i negoziatori che si preparano ai negoziati sul clima di Durban – ha detto Mariagrazia Midulla, Responsabile Policy Clima e Energia del WWF Italia, che sarà in Sud Africa per partecipare ai negoziati – Il rapporto mostra chiaramente che se non si intraprendono ora delle azioni decisive, il mondo si avvierà verso cambiamenti climatici molto pericolosi. Ma anche l’UNEP conferma che possiamo ancora farcela, se ci impegniamo subito per fermare la deforestazione e creare un futuro basato su efficienza energetica e rinnovabili. Il gap infatti non è né tecnico, né economico: è una mancanza di volontà politica e di leadership.” “Nessuno si aspetta che i governi riescano a colmare completamente il gap a Durban – continua Midulla – ma i negoziatori devono almeno evitare che il divario aumenti a causa di norme deboli e scappatoie sul metodo di calcolo delle riduzioni di carbonio. Il tempo delle furbizie deve finire, la sfida è perseguire con lealtà ed efficacia la decarbonizzazione.” Stando al rapporto dell’UNEP, per avere una possibilità verosimile di mantenere l’aumento del riscaldamento globale sotto i 2°C rispetto all’era preindustriale, entro il 2020 le emissioni globali devono essere ridotte a 44 gigatonnellate di anidride carbonica equivalente, ben al di sotto dei livelli correnti. Ma se anche gli impegni attuali più ambiziosi dei Governi fossero pienamente realizzati, le emissioni supererebbero questo limite di 6 gigatonnellate, un valore quasi equivalente alle emissioni annuali degli...
read moreAt Meeting on Climate Change, Urgent Issues but Low Expectations
With intensifying climate disasters and global economic turmoil as the backdrop, delegates from 194 nations will gather in Durban, South Africa, starting Monday to try to advance, if only incrementally, the world’s response to dangerous climate change. o those who have followed the negotiations of the United Nations Framework Convention on Climate Change over their nearly 20-year history, the conflicts and controversies to be taken up in Durban are monotonously familiar: the differing obligations of industrialized and developing nations, the question of who will pay to help poor nations adapt, the urgency of protecting tropical forests, the need to rapidly develop and deploy clean energy technology. The negotiating process itself is under fire from some quarters, including the poorest nations who believe their needs are being neglected in the fight among the major economic powers. Criticism is also coming from a relatively small but vocal band of climate-change skeptics, many of them sitting members of the United States Congress, who doubt the existence of human influence on the climate and ridicule international efforts to deal with it. But scientists warn that this squabbling serves only to delay actions that must be taken to reduce climate-altering emissions and to improve vulnerable nations’ ability to respond to the changes they say are surely coming. “I feel we are losing completely the scientific rationale for action,” said Rajendra K. Pachauri, director of the Intergovernmental Panel on Climate Change, the global body of scientists and statisticians that provides the technical underpinning of the United Nations talks. He noted that the group had recently released a detailed assessment of the increasing frequency of extreme climate events like droughts, floods and cyclones, and of the necessity of moving quickly to take steps to reduce emissions and adapt to the inevitable damage. “All of these indicate that inaction in dealing with climate change and delays would only expose human society and all living species to risk that could become serious,” Dr. Pachauri wrote in an e-mail. He said he was afraid the conference would “only focus on short-term political considerations.” The Durban meeting is formally known as...
read moreDurban 28 November – 9 December 2011:Working Together Saving Tomorrow Today
Si è aperta oggi la Conferenza mondiale sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite, la COP17/CMP7, a Durban. Molte le questioni sul tavolo della Cop 17, nell’ambito dellaConvenzione quadro dell’Onu per i cambiamenti climatici, l’Unfccc (United nation framework on climate change): in particolare gli aspetti che riguardano formule e modi relativi al prolungamento del protocollo di Kyoto, il funzionamento del Fondo verde per il clima (che dovrebbe avere una dotazione di100 miliardi di dollari al 2020). L’obiettivo rimane quello sancito dalla precedente Cop 16 (a Cancun), di limitare entro i due gradi l’aumento della temperatura media globale rispetto ai livelli preindustriali. Mentre il nodo dei negoziati verte sulla riduzione delle emissioni di gas serra a livello planetario e la discussione su come, e quando, si possa giungere a un accordo globale. Si parlerà di lotta alla deforestazione, trasferimentodi tecnologie e strumenti per investimenti ‘green’ nei Paesi invia di...
read moreA Durban si cerca la soluzione al dopo Kyoto
Il 1° gennaio 2013 scade il primo periodo di applicazione del Protocollo di Kyoto, trattato che regola le emissioni di gas serra per limitare i problemi provocati dal riscaldamento globale. Dopo i sostanziali fallimenti delle conferenze di Copenaghen (2009) e Cancun (2010), da lunedì a Durban (Sudafrica) e sino al 9 dicembre si cercherà di trovare una soluzione per evitare che il pianeta si riscaldi più di 2 gradi centigradi, con conseguenze catastrofiche. Le possibilità che si trovi una soluzione, però, anche a causa dell’attuale crisi economica, sono scarse e già numerosi studi scientifici avvertono come una moderna Cassandra che il limite di 2 gradi sarà impossibile da rispettare se proseguono gli attuali livelli di emissioni di gas serra. EMISSIONI – Per il Protocollo di Kyoto, siglato nel 1997, si prevede il prolungamento ma nessuno ha ancora deciso che ne sarà in concreto. A Kyoto non hanno aderito i due principali Paesi emittitori di gas serra: Usa e Cina, che da soli emettono il 50% dei gas che provocano il riscaldamento climatico. I 27 Paesi dell’Unione europea sono responsabili per l’11% delle emissioni. Per l’Italia l’obiettivo da raggiungere al 2012 era la riduzione delle proprie emissioni del 6,5% rispetto ai livelli del 1990. Il Sudafrica vuole anche che a Durban si dia seguito all’impegno preso a Copenaghen per la creazione entro il 2020 di un Fondo per il clima di 100 miliardi di dollari all’anno per aiutare i Paesi più poveri a far fronte ai costi della riduzione delle emissioni di gas serra. Che invece per ora è rimasto nel limbo delle buone intenzioni e con la crisi attuale non si capisce chi possa alimentarlo. Quanto alle fonti di finanziamento, le idee sul tappeto sono tasse sui trasporti aerei o marittimi o sulle transazioni finanziarie. DOPO KYOTO – Per il post-2012 di Kyoto si pensa a due strade: un secondo periodo (così come previsto), oppure un regime transitorio fino al 2020. La commissaria europea al clima, Connie Hedegaard, pensa a «una road map», auspicando magari l’ingresso di Stati Uniti e Cina. Sul Fondo per il clima rimangono irrisolte molte...
read more