Cambiamenti climatici, la percezione degli europei
di Carlo Carraro
L’Eurobarometro ha pubblicato la scorsa settimana un sondaggio speciale che indaga la percezione degli europei nei confronti del tema dei cambiamenti climatici. Il rapporto, che segue le indagini condotte allo stesso scopo nel 2008, 2009 e 2011, è stato prodotto grazie alle interviste fatte a 27.919 rispondenti di diversi gruppi sociodemografici, distribuiti nei 28 Paesi Membri dell’Unione Europea. Gli intervistati sono stati invitati a svelare la loro percezione del problema dei cambiamenti climatici e la loro opinione sulle responsabilità nell’affrontarli, ad indicare le azioni da loro messe in atto quotidianamente per combatterli e a comunicare le loro idee riguardo al ruolo delle istituzioni pubbliche nel campo della mitigazione. Come emerge dal rapporto, per un europeo su sei i cambiamenti climatici sono in assoluto il problema più serio che il mondo sia chiamato ad affrontare. In media, i cambiamenti climatici si classificano al terzo posto, dopo povertà, fame e mancanza di acqua potabile e situazione economica. Quest’ultimo problema ha guadagnato rilevanza negli ultimi anni tra le preoccupazioni degli europei, superando il tema dei cambiamenti climatici, che nell’indagine del 2011 occupavano il secondo posto. Tale spostamento di opinioni riflette sicuramente la situazione di prolungata crisi economica che gli europei stanno vivendo e l’attenzione dei mass media, focalizzata più sul problema di breve termine (uscita dalla crisi) che su quello di lungo termine (il tema dei cambiamenti climatici, che se affrontato adeguatamente può portare benefici anche sul piano economico).
L’Italia è il Paese d’Europa più preoccupato per la crisi economica (il 25% dei rispondenti in più rispetto al 2011 la mette al primo posto, raggiungendo la quota 47%), seguita da Cipro, Repubblica Ceca, Lituania, Lettonia ed Estonia. Come emerge dalla figura 1, sono i Paesi nordeuropei a dare maggior risalto al tema dei cambiamenti climatici.
Nonostante i cambiamenti climatici siano stati sorpassati in molti Paesi Membri dalla preoccupazione per la crisi economica, resta invariata rispetto al 2011 la quota di cittadini che li ritiene un problema grave o molto grave (80%).
La responsabilità di affrontare i cambiamenti climatici è attribuita principalmente ai governi nazionali (48%), seguiti dal settore privato/industriale (41%) e dall’Unione Europea (39%). Solo poco più di un terzo dei rispondenti ritiene di avere una responsabilità personale a riguardo. Ciononostante, metà degli europei afferma di aver intrapreso azioni personali negli ultimi sei mesi per combattere i cambiamenti climatici, con un leggero calo dal 2011 (-3%). I cittadini trainanti nell’azione personale per il clima sono gli svizzeri (80%), i lussemburghesi (72%) e gli sloveni (71%). L’Italia si posiziona al di sotto della media europea (43%). Non sorprende la sovrapposizione che emerge tra i rispondenti che percepiscono i cambiamenti climatici come un grave problema e chi adotta azioni per mitigarlo.
Quando posti di fronte ad una lista di azioni a favore del clima, e senza la specifica di un orizzonte temporale come al punto precedente, cresce all’89% la quota di europei che risulta aver effettivamente agito. Riassumiamo nella tabella 1 le principali azioni adottate dagli europei: purtroppo la quota di italiani è inferiore alla media europea per ciascuno dei comportamenti virtuosi elencati. Questo rende ampio il margine di miglioramento verso la riduzione dei rifiuti e il risparmio energetico nel nostro Paese, e rende urgente la necessità di adottare azioni di educazione e sensibilizzazione, oltre che di incentivazione di buone pratiche.
C’è un forte accordo (80%, +2% rispetto al 2011) da parte dei cittadini europei sul fatto che la lotta ai cambiamenti climatici e il miglioramento dell’efficienza energetica possano dare un impulso all’economia e all’occupazione in Europa (il 31% è completamente d’accordo con questa affermazione, il 49% è parzialmente d’accordo). Agli estremi ci sono gli ottimisti Svezia (95% di accordo), Spagna e Portogallo (88% di accordo) e, all’opposto, Estonia e Lituania, con il 26% di disaccordo. Questo forte accordo è un segno decisamente positivo: se la crisi economica, come abbiamo visto, è un problema molto sentito, il fatto che gli europei abbiano raggiunto la consapevolezza che un’azione per il clima può giovare all’economia attraverso, tra le altre cose, la creazione di posti di lavoro, significa che i tempi per la transizione verso un’economia a bassa intensità di carbonio potrebbero essere maturi per i cittadini.
Il sondaggio prosegue rilevando che sette europei su dieci pensano che ridurre le importazioni europee di combustibili fossili potrebbe comportare benefici economici all’Europa. Il 90% ritiene importante che i governi nazionali impostino degli obiettivi al 2030 per aumentare la quota di energie rinnovabili, come l’eolico e il solare; il 92% pensa che sia importante che essi forniscano un supporto per migliorare l’efficienza energetica entro il 2030, ad esempio incoraggiando i cittadini ad isolare termicamente gli edifici o sostituendo le lampadine tradizionali con quelle ad alta efficienza energetica. Sulle ultime due questioni (rinnovabili ed efficienza energetica), l’opinione degli italiani rispecchia fedelmente la media europea.
Concludiamo segnalando che anche oltroceano è stata recentemente condotta un’indagine sulla percezione dei cittadini nei confronti dei cambiamenti climatici, promossa da Resources for the Future, Stanford University e USA Today: Public Attitudes about Climate Change and Clean Energy. Gli intervistati sono stati 801, distribuiti sul territorio degli Stati Uniti. I risultati dei due sondaggi non sono confrontabili in quanto le domande poste e il numero degli intervistati sono decisamente diversi, ma può interessare ai lettori sfogliare le infografiche che rissumono i risultati della ricerca americana al link: http://www.usatoday.com/story/news/nation/2013/12/19/americans-global-warming/4127803/
Fonte: carlocarraro.org