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Un nuovo percorso per l’IPCC

Un nuovo percorso per l’IPCC

di Carlo Carraro

L’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), organo imparziale e riferimento scientifico globale del sapere sui cambiamenti climatici, ha giocato e gioca un ruolo cruciale nei processi decisionali legati alla governance del clima. Integrità scientifica e rigore accademico sono la base imprescindibile dell’IPCC. Tuttavia, per la rapida evoluzione del contesto in cui opera, l’IPCC avrebbe bisogno di qualche ammodernamento che gli consentisse di operare più agilmente ed efficacemente. Stiamo infatti parlando di un organismo a basso budget ma di dimensioni rilevanti, che opera per lo più su base volontaria, che chiede un grande sforzo (senza ritorno economico) agli esperti che vi contribuiscono e che incontra spesso difficoltà nel comunicare al mondo della policy i messaggi chiave della ricerca sul clima.

Con l’obiettivo di riformare l’attuale assetto dell’IPCC, tra il 18 e il 20 febbraio scorsi, ventiquattro esperti si sono incontrati a Berlino in un workshop dedicato a studiare le possibilità di miglioramento del processo di valutazione della ricerca scientifica globale sui cambiamenti climatici, e in particolare sugli aspetti legati alle scienze economiche e sociali.

Il workshop, dal titolo “Assessment and Communication of the Social Science of Climate Change: Bridging Research and Policy”, è stato co-organizzato da Fondazione Eni Enrico Mattei (Italia), Harvard Project on Climate Agreements (USA)Mercator Research Institute on Global Commons and Climate Change (Germania) e Stanford Environmental and Energy Policy Analysis Center (USA). Ospitato a Berlino dal Mercator Institute, ha visto la partecipazione di scienziati sociali che hanno contribuito al Quinto Rapporto di Valutazione IPCC, così come di utilizzatori dei rapporti IPCC (dai governi nazionali alle organizzazioni internazionali) e di rappresentanti dei principali stakeholder, provenienti da Paesi sviluppati e in via di sviluppo.

Insieme ai miei due co-organizzatori (Robert Stavins and Charles Kolstad), ho scritto unmemorandum che riassume le riflessioni emerse ai colloqui di Berlino. Un rapporto completo seguirà nei prossimi mesi per descrivere piu’ in dettaglio le proposte che potrebbero davvero aiutare l’IPCC a superare le difficoltà  che attualmente incontra.

Dimensioni ingombranti

La realizzazione di un Rapporto di Valutazione IPCC coinvolge centinaia di ricercatori e decisori nella scrittura, revisione e discussione dei testi. L’attuale processo risulta spesso troppo lungo e farraginoso, con la conseguenza non solo di rallentare la disponibilità delle informazioni, ma anche di disincentivare la partecipazione dei più validi scienziati del clima, che mal si adeguano alla  lentezza del processo e lo vedono come uno spreco del proprio tempo.

Per contrastare questo fenomeno, l’IPCC dovrebbe ridurre il numero di riunioni, preferire brevi incontri telematici, migliorare il processo di definizione delle questioni politiche rilevanti, oltre a designare il Presidente e i Co-Chair dei Working Groups il più presto possibile, in modo che l’intero processo di valutazione possa essere guidato e raffinato in modo coerente fin dall’inizio.

Messaggi chiave per la policy

A volte, l’IPCC perde di vista le questioni politiche fondamentali su cui gli accademici dovrebbero mantenere il focus per poter informare adeguatamente il processo decisionale.

Per migliorare l’utilità della scienza per la policy, c’è bisogno innanzitutto di più dialogo tra i governi e gli scienziati. Un dialogo, non un monologo: la scienza deve rispondere alle domande dei governi, e i governi devono avere il coraggio di prendere in considerazione i problemi sollevati dagli scienziati. Questa interazione sarebbe facilitata se i rapporti dell’IPCC fossero più concisi e accessibili ai decisori politici.

In secondo luogo, è necessario per l’IPCC diversificare le aree di provenienza degli esperti coinvolti. A livello disciplinare, è necessario coinvolgere maggiormente gli scienziati sociali (come economisti ed esperti di relazioni internazionali). A livello geografico, è opportuno creare opportunità per gli scienziati del clima provenienti dai Paesi in via di sviluppo.

Infine, l’IPCC non deve agire da solo. Grazie all’interazione con altre istituzioni, potrebbe più facilmente identificare le questioni politicamente urgenti e affrontare temi e problemi che  sono davvero rilevanti per una crescita sostenibile.

Cos’abbiamo ottenuto finora?

Quelli sopra descritti sono solo alcuni dei possibili miglioramenti al processo IPCC (si veda ilmemorandum – in lingua inglese – per una descrizione più completa). Tuttavia, quando i Paesi membri dell’IPCC si sono riuniti in plenaria a Nairobi (24-27 febbraio 2015) per discutere, tra le altre cose, del futuro dell’IPCC, pochissime di questi reali preoccupazioni sono state affrontate concretamente. Il comunicato stampa della riunione rivela infatti minimi cambiamenti. I suggerimenti per aumentare l’accessibilità dei rapporti e migliorare i tempi del loro rilascio sono stati affrontati senza entrare nel dettaglio, mentre è stata posta maggiore attenzione (sebbene non abbastanza) alla necessità di facilitare il coinvolgimento nel processo dei Paesi in via di sviluppo.

Il meeting di Nairobi risulta essere particolarmente deludente se si considera che l’IPCC si trova ora in un momento ideale per rinnovarsi: si e’ appena concluso il Quinto Rapporto di Valutazione e si e’ arrivati da pochi giorni alle dimissioni del presidente Rajendra Pachauri, che aprono un nuovo ciclo di vita per l’organizzazione. A questo si aggiunge l’attesa dellenegoziazioni UNFCCC di Parigi (dicembre 2015), che ci ricorda quanto, nel concreto, sia importante garantire informazioni scientifiche ed economiche affidabili e tempestive ai decisori politici.

Fonte: carlocarraro.org

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