Cosa si decide alla COP20 a Lima?
La convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (United Nations Framework Convention on Climate Change, UNFCCC) è entrata in vigore nel 1994 con l’obiettivo di ridurre la concentrazione delle emissioni di gas serra nell’atmosfera, non prevede impegni vincolanti per la riduzione delle emissioni di gas-serra, ma solo un impegno di massima per i Paesi industrializzati a riportare entro il 2000 le proprie emissioni di gas-serra ai livelli del 1990.
La conferenza tra le parti (COP), che si svolge con cadenza annuale, valuta le azioni intraprese e l’adeguamento degli impegni assunti dai paesi che hanno sottoscritto la convenzione. Secondo la prassi delle Nazioni Unite, tutte le decisioni della Conferenza delle Parti richiedono, per essere adottate, il consenso di tutti i Paesi firmatari.
Dal 1 al 12 dicembre circa 4.000 i delegati provenienti da 196 paesi si riuniranno a Lima in occasione della ventesima Conferenza delle Parti.
Questo vertice delle Nazioni Unite sul clima è l’ultimo prima di quello di Parigi 2015 durante il quale si dovrà raggiungere, a prescindere dalla forma legale cha assumerà, un nuovo accordo internazionale che sostituisca quello di Kyoto.
Obiettivi
I delegati proveranno a trovare un accordo sui documenti che saranno alla base dei negoziati previsti per il 2015 a Parigi. Uno dei problemi da risolvere è determinare e pianificare il contributo di ogni singolo paese alla riduzione delle emissioni di gas serra, per questo è fondamentale la definizione degli ”Intended Nationally Determined Contributions (INDCs) “, ovvero l’impegno che gli stati intenderanno scegliere in termini di obiettivi di intensità energetica o di riduzione delle emissioni. Prima della COP di Parigi ogni paese dovrà annunciare il suo piano per tagliare le emissioni.
Si discuterà anche degli obiettivi a lungo termine e degli eventuali obblighi legali che ne deriverebbero. Il timore è che i paesi in via di sviluppo e quelli industrializzati non trovino un accordo sugli obiettivi a lungo termine e che le trattative si blocchino.
Principali barriere al “global deal”
Il coordinamento degli obiettivi di ciascun paese costituirà un punto di partenza nelle future negoziazioni in vista dell’accordo globale: la barriera principale è costituita dal principio della “Common But Differentiated Responsibility” (differenza di contributo a seconda del peso in termini di emissioni per ciascun Paese). Si dovrà trovare una chiave di interpretazione funzionale ad inquadrare questo principio nell’accordo previsto a Parigi il prossimo anno. Le posizioni dei Paesi sono eterogenee, tra chi chiede l’abbandono della doppio binario di Kyoto tra “developed” e “developing” countries (USA), chi il mantenimento (India) e chi un aggiornamento dei criteri di ripartizione degli impegni (UE).
Altro punto “caldo” è il principio, di carattere finanziario, che prevede il supporto da parte dei Paesi sviluppati nei confronti dei Paesi in via di sviluppo per contrastare gli effetti del climate change. Non sono chiare ancora modalità e regole operative, se non l’istituzione di un fondo ad- hoc che prevede di mobilizzare risorse per 100 MLD di dollari a partire dal 2020.
Il ruolo dell’UE
L’Europa si presenta a Lima con il nuovo pacchetto approvato Clima-Energia, contenente un target di riduzione delle emissioni del 40%: è un obiettivo al di sotto delle aspettative per energie rinnovabili ed efficienza energetica, con target inferiori a quelli previsti inizialmente dal Parlamento Europeo. L’Italia si presenterà alla conferenza di Lima in qualità di Presidente del Semestre Europeo, con il compito di coordinare le posizioni UE.