Anticipazioni sul prossimo rapporto dell’IPCC
di Carlo Carraro
Mancano solo poche ore alla pubblicazione ufficiale della prima delle tre sezioni del Quinto Rapporto di Valutazione dell’ IPCC, l’attesissimo volume che raccoglie lo stato dell’arte a livello scientifico delle conoscenze globali sul clima. In quanto membro del Bureau dell’IPCC e Vice Presidente del Working Group III ho avuto accesso in anticipo al rapporto. I contenuti delle bozze del rapporto sono trapelati in più di un’occasione nel corso dell’anno (si vedano i precedenti post sull’argomento: “IPCC: la bozza trapelata che invade il web” e “Polemiche sul (futuro) Quinto Rapporto dell’IPCC”), e i media di tutto il mondo non hanno mai perso l’occasione di fare notizia con stralci di informazioni rubate qua e là. Ma negli ultimi giorni le testate si sono scatenate gareggiando al titolo più scottante, alla ricerca dell’interpretazione più notiziabile, anche se di stampo negazionista, di un documento scientifico che nella realtà non fa che confermare la gravità della situazione presente e futura del clima terrestre. A smentirli, dati alla mano, ci hanno già pensato in tanti, ad esempio Sergio Castellari, focal point IPCC per l’Italia, nell’articolo “La scienza prima di tutto. Commenti alle anticipazioni sul rapporto IPCC” e i Climalteranti nel post “Le 5 fasi del negazionismo climatico”. I continui progressi della ricerca consentono di affinare la capacità di comprendere il sistema climatico, di capire le cause e prevedere gli impatti dei cambiamenti climatici. I modelli utilizzati nell’AR5 sono più sofisticati e le osservazioni più dettagliate rispetto a quelli utilizzati per l’AR4, rapporto pubblicato ormai sei anni fa. Non c’è quindi da stupirsi se, nel confermare le tendenze al riscaldamento del clima e la relativa responsabilità dell’uomo, il nuovo rapporto si discosta in parte da quello precedente, alla luce di nuove scoperte e di nuovi strumenti che consentono di ampliare la conoscenza dei fenomeni fisici correlati al clima. Senza addentrarci nel confronto dell’imminente rapporto con quello precedente (AR4), in questa sede vogliamo anticipare alcuni dei punti focali del testo che sarà reso pubblico il 27 settembre 2013 dopo l’approvazione da parte dei governi aderenti all’IPCC (non va dimenticato che l’IPCC e’ un organismo intergovernativo, non un organismo scientifico).
Il rapporto conferma che la concentrazione di anidride carbonica in atmosfera, dovuta all’attività umana (ed in particolare alla deforestazione e all’utilizzo di combustibili fossili per la produzione di energia) è aumentata più del 20% dal 1958, e di circa il 40% dal 1750. L’attuale concentrazione di CO2, metano e biossido di azoto supera le concentrazioni rilevate attraverso i carotaggi con riferimento agli ultimi 800.000 anni.
Come spiegato in precedenza, si è ormai vicini alla certezza scientifica della responsabilità umana dei cambiamenti climatici: la temperatura media globale (terra e oceani) è aumentata di 0.89 °C nel periodo 1901-2012. Tuttavia, il trend di riscaldamento della superficie terrestre presenta variabilità significative di decennio in decennio: fermo restando il trend di aumento delle temperature dal 1901, il grado di riscaldamento del periodo 1998-2012 è inferiore, su scala decennale, a quello del periodo 1951-2012 (per un approfondimento sulle possibili cause di questo rallentato aumento delle temperature, si veda il post: Riscaldamento globale nell’Artico: perché così veloce?).
Per l’IPCC c’è forte evidenza che i ghiacci stiano perdendo massa su scala globale. La copertura nevosa Artica sta diminuendo, mentre in Antardide si registra un leggero aumento della copertura marina ghiacciata.
L’innalzamento del livello del mare, cresciuto di 0,19m tra il 1901 e il 2010, è accelerato durante gli ultimi due secoli.
Guardando al futuro, l’IPCC conferma che se le emissioni di gas serra continueranno, il riscaldamento aumenterà: emissioni ai livelli di quelle attuali o oltre indurranno cambiamenti nei sistemi climatici, che coinvolgeranno terre, oceani, ciclo dell’acqua, criosfera, livello del mare, eventi estremi, acidificazione degli oceani. Alcuni di questi cambiamenti saranno probabilmente senza precedenti in centinaia di migliaia di anni e potrebbero persistere per diversi secoli. Il riscaldamento degli oceani, ad esempio, continuerà per secoli anche se le emissioni di gas serra diminuissero o le concentrazioni si mantenessero costanti. L’aumento delle temperature non sarà omogeneo nelle varie regioni del mondo, e molto probabilmente la regione Artica si riscalderà molto più velocemente delle altre.
Per chi fosse interessato a seguire con puntualità la pubblicazione dell’AR5, uno dei momenti più importanti nel dibattito internazionale sui cambiamenti climatici, venerdì 27 settembre, alle ore 12.00, il Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici e il Focal Point IPCC per l’Italia Sergio Castellari presenteranno il Rapporto alla stampa italiana in un incontro online.